IL TERRENO BIOLOGICO
Il presente articolo è una sintesi delle lezioni di osteopatia del Prof. Franco Migliozzi tenutesi alla Scuola Italiana di Osteopatia, Padova 1989-2013
La medicina allopatica considera sano un organismo privo di malattie, se non conclamate da esami di laboratorio o gravi segni che tutti possono vedere da un immagine radiografica; anche gli esami clinici complementari spesso non consentono di formulare una diagnosi precoce, da qui la consuetudine di “abbattere” i sintomi, o peggio medicalizzare il paziente, tralasciando quasi totalmente la fase preventiva ed educativa alla salute, lo stile di vita.
Per questo l’osteopata provvisto di un acuto senso clinico, deve ricorrere ad una palpazione fine ed altamente differenziata.
La diagnosi osteopatica presuppone e basa la sua convinzione di strategia terapeutica (una razionalità cartesiana) sul concetto di causa-effetto, che eviti di prospettare un programma terapeutico sulla base di una diagnosi meramente sintomatologica, e che tenga nel debito conto l’incontestabile nozione di entità dell’individuo.
“La filosofia osteopatica considera fondamentale la valutazione del terreno biologico, sia che si tratti di stati infettivi, flogistici o allergici” Claude Bernard (Villefranche – 12 luglio 1813; Parigi, 10 febbraio 1878), fisiologo francese considerato il fondatore della medicina sperimentale, gli si deve la nozione di mezzo interno “liquido interstiziale” e di omeostasi, fondamento della biologia moderna.
Egli ed altri autori ribadiva, a tal proposito, non tanto importanza dell’agente microbico, quanto quella del substrato.
Per chiarire il concetto, abbiamo scelto alcuni esempi che illustrano in maniera più precisa l’approccio indiretto alla patologia dal punto di vista osteopatico.
Shock termico
La temperatura corporea è approssimativamente sui 37 C°.
Immaginiamo che un soggetto entri in acqua, e che la temperatura dell’acqua sia intorno ai 22 C°.
Lo sbalzo termico (di 15 C°) provoca due fenomeni riflessi concomitanti:
– una vasocostrizione superficiale;
– seguita da una vasodilatazione profonda.
Il sangue viene spinto dalla superficie verso i vasi profondi che si dilatano al massimo per contenere il flusso. Questo accumulo può raggiungere un limite tale da mettere in pericolo la reattività venosa, come una molla troppo tirata che non torna più alle sue originali dimensioni:
• la lesione primaria è vascolare.
Tale lesione genera, a sua volta, due fenomeni consecutivi:
– una stasi;
– una ischemia nei confronti del ritorno venoso cardiaco.
Il cuore è di conseguenza, scarsamente irrorato: la pompa cardiaca risulta insufficiente si ha quindi una lesione secondaria cardiaca.
Differenze di intervento terapeutico tra le due medicine:
1) Terapia tradizionale:
– Respirazione bocca a bocca;
– Massaggio cardiaco.
L’azione è rivolta unicamente alla lesione secondaria e non alla lesione primaria, per cui o non si ottengono risultati, o si ottiene la riattivazione della pompa cardiaca, in presenza di una insufficiente irrorazione sanguigna locale.
2) Terapia osteopatica:
L’osteopata si preoccupa inizialmente, della lesione primaria.
Pone il paziente in pronunciata posizione declive, la testa bassa, ed effettua una precisa manovra dinamogenica addominale, avente lo scopo di far defluire la massa sanguigna verso la regione cardiaca e favorire il ritorno venoso.
Solo in un secondo tempo, si occupa della lesione secondaria, procedendo alla respirazione bocca a bocca e al massaggio cardiaco.
Questo esempio testimonia, senza ambiguità, l’importanza della nozione causa-effetto, a condizione che i mezzi terapeutici siano adattati al ragionamento e non al contrario.
Vaginite da trichomonas
Trichomonas è un genere di protisti anaerobi, che si sviluppano da gravi squilibri batterici classificabili tra i parassiti dei vertebrati.
1) Terapia tradizionale:
La medicina classica prevede un trattamento farmacologica che agisce esclusivamente sull’epifenomeno. La terapia in questo caso si indirizza solo ad un parametro dell’equazione, quando si sa che sono necessari ed indispensabili due parametri per scatenare uno stato infettivo, vale a dire, un terreno favorevole ed un agente microbico: basta che il terreno locale sia deficitario e le condizioni favorenti, perchè il trichomonas scateni la vaginite.
2) Terapia osteopatica:
In aggiunta al programma terapeutico tradizionale, la terapia osteopatica prevede il trattamento eziologico del substrato, che mira a prevenire ogni recidiva.
E’ necessario ripristinare il PH vaginale perchè la flora di Doderlein possa svolgere efficacemente il suo compito di difesa contro l’agente aggressore, rappresentato, in questo caso, dal trichomonas.
Flora vaginale: per flora batterica vaginale si intende l’insieme di microorganismi, in maggior parte di origine batterica, che colonizzano la cavità vaginale.
Come avviene per la maggior parte del corpo umano, come bocca, intestino e pelle, le pareti vaginali sono popolate da una specifica popolazione di batteri in equilibrio tra loro e che costituiscono una forma di difesa verso aggressori patogeni. La regione vaginale nella donna ha la più alta concentrazione di batteri di qualsiasi altra parte del corpo umano.
I batteri della flora vaginale sono stati scoperti dal ginecologo tedesco Döderlein Albert Sigmund nel 1892. Principalmente la flora sana è costituita da batteri del genere Lactobacillus (Lactobacillus acidophilus in origine bacilli di D. Döderlein). I Lactobacilli sono i principali responsabili dell’acidità vaginale, per il loro metabolismo digeriscono il glicogeno presente nella mucosa producendo come scarto acido lattico e garantendo all’ambiente un’acidità pari a pH tra 4 e 4,5.
Il quantitativo e il tipo di batteri presenti nella flora ha un diretto influsso sullo stato di salute della donna. I batteri e l’acido lattico che producono, in combinazione con i fluidi secreti dalla mucosa vaginale sono anche responsabili del caratteristico odore associato alla zona.
Herpes Zoster
Affezione da ultra-virus di un definito ed unilaterale distress metamerico.
1) Terapia tradizionale:
Trattamenti farmacologici più o meno specifici, destinati all’ultra-virus.
Anche in questo caso la terapia si indirizza solo ad una parte dell’equazione. Ma, ancora una volta, perchè l’ultra-virus scateni l’herpes zoster occorre che il substrato sia deficitario.
2) Terapia osteopatica:
Trattandosi di un’affezione molto dolorosa, occorre intervenire prioritariamente mediante un iter terapeutico tradizionale. Tuttavia, in un secondo tempo, sarà necessario ridurre la lesione osteopatica vertebrale, origine dell’alterazione metamerica del terreno, di natura circolatoria e nervosa, che ha permesso all’agente virale di svilupparsi sotto forma di herpes zoster.
Ciò consente, del resto, di comprendere il carattere unilaterale e definito di tale manifestazione.
Comunemente chiamato fuoco di Sant’Antonio (o fiamme di Satana), è una malattia virale a carico della cute e delle terminazioni nervose, causata dal virus della varicella infantile.
L’herpes zoster non è la stessa malattia dell’herpes simplex, nonostante la somiglianza del nome (sia il virus della varicella zoster sia l’herpes simplex virus appartengono alla stessa sottofamiglia virale), il suo nome deriva da due parole greche, “serpente” e “cintura”, che descrivono in modo molto appropriato una malattia dolorosa, come un serpente di fuoco che si annida all’interno del corpo e che a volte ha strascichi lunghi e invalidanti.
La malattia è caratterizzata da un’eruzione cutanea dolorosa con presenza di vescicole, solitamente limitata a un lato del corpo, spesso in una striscia. In tutto il mondo il tasso di incidenza annuale di herpes zoster varia da 1, a 4 casi ogni 1.000 individui sani, aumentando a 3-11 all’anno per 1.000 persone tra gli individui con più di 65 anni.
Una larga parte di persone sviluppa l’herpes zoster almeno una volta nella vita, anche se di solito un’unica volta. La maggior parte delle persone sono infettate da questo virus, come i bambini, e soffrono di un episodio di varicella. L’herpes zoster è una riattivazione dell’infezione latente da VZV, e questo significa che lo zoster può verificarsi solo in individui che hanno già avuto la varicella.
Il sistema immunitario è in grado di eliminare il virus nella maggior parte del corpo, ma esso rimane inattivo (o latente) nel ganglio adiacente al midollo spinale (chiamato ganglio dorsale), o nel ganglio semilunare di Gasser nella base del cranio.
Ripetuti attacchi di herpes zoster sono rari, ed è estremamente improbabile che i pazienti possano sperimentare più di tre recidive.
Sebbene il VZV sia stato rilevato in sede di autopsia del tessuto nervoso, non vi sono metodi per trovare il virus latente nei gangli delle persone viventi.
Come con la varicella e/o altre forme di herpes, il contatto diretto con una eruzione cutanea attiva può diffondere il VZV a una persona che non possiede l’immunità al virus.
Aspetto cutaneo dell’herpes zoster: un grappolo di piccole asperità.
1) si trasforma in bolle
2) Le vescicole si riempiono di linfa e si rompono
3) si forma la crosta
4) infine scompaiono
A volte può verificarsi nevralgia posterpetica a causa dei danni ai nervi.
Il virus della varicella zoster può diventare latente nei corpi delle cellule nervose e meno frequentemente nelle cellule non neuronali satellite del ganglio dorsale, dei nervi cranici o del sistema nervoso autonomo, senza provocare alcun sintomo.
Trascorsi anni o decenni dopo una infezione da varicella, il virus può uscire dai corpi cellulari nervosi e percorrere gli assoni causando infezione virale della cute nella regione servita dal nervo.
Il virus può diffondersi da uno o più gangli lungo i nervi di un segmento interessato e infettare il corrispondente dermatomero (una zona di pelle servita da un nervo spinale), provocando una dolorosa eruzione cutanea.
A meno che il sistema immunitario sia compromesso, esso è in grado di sopprimere la riattivazione del virus e di prevenire l’herpes zoster.
Il perchè questa repressione a volte non riesca è un argomento ancora poco conosciuto, ma si sa che è più probabile che ciò avvenga in persone il cui sistema immunitario è compromesso a causa di invecchiamento, di terapia immunosoppressiva, di stress psicologico, o di altri fattori.
Dopo la riattivazione, il virus si replica nelle cellule nervose e i virioni che si staccano dalle cellule seguono gli assoni verso la zona della pelle servita da tale ganglio. Nella pelle, il virus causa infiammazione locale e bolle. Il dolore a breve e lungo termine causato da herpes zoster deriva dalla crescita diffusa del virus nei nervi infetti e causa infiammazione.
La formazione di caratteristiche vescicole e successivamente di croste è accompagnata da dolore, a volte molto intenso, dovuto al coinvolgimento di quelle strutture del sistema nervoso centrale e periferico che costituiscono il “sistema nocicettivo” (cioè della percezione del dolore).
Di solito si manifesta sul torace o sull’addome, più raramente sul viso dove “predilige” il primo ramo del quinto nervo cranico (trigemino). In quest’ultimo caso, l’eruzione delle vescichette può interessare e danneggiare la cornea, condizione estremamente grave che può causare cecità.
Se la malattia è curata rapidamente con i farmaci antivirali, le vescicole evolvono in tempi più brevi in croste che successivamente cadono.
Anche se l’herpes zoster si risolve, in genere entro due settimane, possono sorgere alcune complicanze:
La nevralgia posterpetica: in particolare nelle persone anziane, è dovuta a un’alterazione del sistema nocicettivo, ed è caratterizzata da anestesia o ipoestesia “dolorosa”, disestesie (prurito, formicolii, ecc.), allodinia (uno stimolo non doloroso viene percepito come doloroso) e iperalgesia (per abbassamento della soglia dolorosa).
Come esattamente il virus rimanga latente nel corpo e successivamente si riattivi non è ancora stato compreso;
1. paralisi dei nervi cranici
2. coinvolgimento degli occhi – retinite, neurite retrobulbare
3. encefalomielite
4. infezioni batteriche secondarie
5. coinvolgimento motorio
Coinvolgimenti del nervo trigemino (come si vede nell’herpes oftalmico) devono essere trattati precocemente e in maniera aggressiva, in quanto possono portare alla cecità.
Il coinvolgimento della punta del naso, è un forte predittivo di herpes oftalmico.
Se consideriamo il principio dell’approccio osteopatico di Still, “la malattia inizia li dove il flusso vitale, il fiume della vita è interrotto”, non possiamo in questa breve esposizione parlare della sepsi.
Ma cosa fa l’osteopata difronte ad una infiammazione sistemica, insufficienza cardiaca, respiratoria, renale etc.? Previene se riesce ad entrare nell’anticamera della patologia!
“Tutto ciò che avviene nel corpo di dannoso per la salute, passa attraverso la fascia”!!!
Il termine sepsi (dal greco antico “putrefazione”) indica una malattia sistemica, la risposta dell’organismo (sotto forma di SIRS, Sindrome da Risposta Infiammatoria Sistemica), all’invasione di tessuti, fluidi o cavità corporee normalmente sterili da parte di microrganismi patogeni o potenzialmente patogeni.
Le complesse interazioni tra il microrganismo infettante, il sistema immunitario dell’ospite, le risposte infiammatorie e la coagulazione influenzano l’esito nella sepsi. Malgrado sia meno conosciuta di altre malattie ha un tasso di mortalità cinque volte superiore all’ictus e dieci volte all’infarto. Per aumentarne la consapevolezza nella popolazione è stata istituita la giornata mondiale della sepsi (World Sepsis Day) il 13 settembre 2013.
La diagnosi tempestiva è fondamentale per la gestione della sepsi, come l’inizio di una corretta terapia precoce è fondamentale per ridurre la mortalità da sepsi grave.
Precedentemente la malattia era nota come setticemia ed era considerata una condizione di iper-infiammazione e coagulabilità, con conseguente danno cellulare e squilibri della circolazione.
Al giorno d’oggi il termine setticemia indica lo specifico caso in cui la sepsi è accompagnata da batteriemia (sepsi batteriemica) invece che da altri tipi di infezioni, anche se a volte viene utilizzato impropriamente come sinonimo di sepsi. La sepsi si instaura prevalentemente in pazienti critici, immunocompromessi e anziani.
A causa della sua natura particolarmente aggressiva e multifattoriale, la sepsi conduce rapidamente a morte e costituisce la principale causa di decesso nelle terapie intensive non coronariche di tutto il mondo, con tassi di letalità che vanno dal 20% per la sepsi al 40% per la sepsi grave, ad oltre il 60% per lo shock settico: cumulativamente, nel mondo muoiono per sepsi circa 1.400 persone al giorno.
L’attivazione immunitaria che causa la sepsi è una risposta infiammatoria sistemica che causa una generalizzata attivazione delle vie dell’infiammazione e della coagulazione del sangue. Tale situazione può progredire fino allo shock settico e, anche a seguito di trattamento ottimale, può portare alla Sindrome da insufficienza multiorgano (MODS) ed eventualmente alla morte.
Condizioni e complicazioni correlate sono:
- Coagulazione intravascolare disseminata (CID) – grave stato patologico caratterizzato da anormale attivazione del meccanismo di coagulazione del sangue, che porta alla presenza disseminata di trombi ed emorragie;
- oltre ad esserne la causa può anche essere causata da una sepsi.
- Necrosi tubulare acuta: porta ad insufficienza renale acuta – può derivare dall’ipoperfusione dei reni in caso di sepsi (cioè non arriva sangue a sufficienza ai reni, e così questi smettono di funzionare).
- Sindrome da insufficienza multiorgano (MODS): può essere causata anche dalla sepsi.
- Meningite – infezione del tessuto che ricopre il Sistema Nervoso Centrale, ossia l’encefalo ed il midollo spinale; può essere una causa od una complicazione della sepsi.
- Endocardite – infezione della superficie interna del cuore, a contatto con il sangue; come altri quadri patologici può essere una causa od una complicazione della sepsi.
- Piemia – è un tipo di sepsi che porta alla formazione di ascessi disseminati, solitamente causata da Stafilococchi.
- Chetoacidosi nei pazienti affetti da Diabete mellito, soggetti allo sviluppo di iperglicemia in caso di sepsi. La chetoacidosi aggrava l’ipotensione, aumentando perciò il rischio di uno shock settico.
- Sofferenza ischemica miocardica, dovuta all’ipoperfusione del cuore, che può portare a grave insufficienza cardiaca. Si può verificare in tutti i casi di sepsi e shock settico ma è più grave nei pazienti anziani cardiopatici.
Entro dodici ore dal sospetto di sepsi è essenziale confermare o escludere qualsiasi fonte di infezione che richiederebbe un controllo, come infezioni del tessuto molle necrotizzante, peritonite, colangite, infarto intestinale.
La sepsi è definita come una infezione sospetta o documentata a cui si associno almeno due dei seguenti parametri alterati:
- Temperatura corporea >38,3 C, oppure <36 C;
- Frequenza cardiaca >90 bpm, oppure 2 deviazioni standard al di sopra del limite superiore del range di normalità per l’età;
- Frequenza del respiro >20 atti/min;
- Glasgow Coma Scale ridotto (da un massimo di 15, indicante la normalità, ad un minimo di 3, indicante la totale assenza di risposta agli stimoli esterni);
- Edema significativo o bilancio idrico positivo >20 ml/kg di peso corporeo nel corso di un periodo di 24 ore;
- Ipotensione arteriosa – intesa come pressione sistolica <90 mmHg, pressione arteriosa media <70 mmHg, diminuzione della pressione sistolica>40 mmHg negli adulti oppure due deviazioni standard al di sotto della norma per età;
- Segni di ipoperfusione – dipende dalla fase evolutiva della sepsi, nella prima fase la cute è calda ed eritematosa, poi fredda e pallida per la redistribuzione centrale del flusso sanguigno. In quest’ultima fase si può riscontrare diminuzione del riempimento capillare.
RIASSUMENDO
Gli esempi sopra riportati ci permettono di:
– mettere in risalto la necessità di un ragionamento causa-effetto per iniziare un programma eziologico;
– sottolineare il bisogno di migliorare e sviluppare i mezzi terapeutici;
– dimostrare che il ragionamento non deve essere adattato ai mezzi terapeutici, in effetti questi ultimi devono adattarsi al ragionamento;
– dimostrare che l’osteopatia non potrebbe riassumersi nella pratica delle manipolazioni articolari e che l’equazione: osteopatia = manipolazioni articolari è una mutilazione di tale scienza.
Franco Migliozzi Osteopata D.O.